Agamben e il mucchio selvaggio

di Alberto Giovanni Biuso
(18.10.2021)

[Ho scritto questo articolo, uscito ieri su Aldous, insieme ad alcuni amici che sono anche colleghi. Un professore non filosofo che lo ha avuto in anteprima mi ha risposto che anche lui aveva «letto con raccapriccio il tanto banale quanto arrogante testo […] (che francamente mi ricorda i 150 del Mucchio Selvaggio contro Jack Beauregard nel mitico film “Il mio nome è Nessuno”)». Questo  il link alla scena ricordata dal collega 🙂 ]

Bullismo filosofico
Aldous, 17 ottobre 2021

Se gli oltre cento estensori del piccolo manifesto dal titolo Non solo Agamben avessero scritto un testo a favore delle politiche governative italiane sul Covid 19, a favore del lasciapassare sanitario, sarebbe stato un documento legittimo, per quanto non condivisibile. E invece hanno voluto attaccare in tanti una sola persona, un filosofo italiano molto noto, con argomenti -rispetto alla complessità delle tesi di Giorgio Agamben– sinceramente imbarazzanti. Ma la cosa grave non è il merito della questione, la cosa grave è il rivolgersi contro una persona priva di potere politico e accademico indicandola alla pubblica riprovazione. Un atto di bullismo, di violenza organizzata. Hanno formulato solo un nome, quello di Agamben appunto, e non – ad esempio – quello di Massimo Cacciari, che insieme ad Agamben ha redatto e pubblicato un documento che stigmatizza la logica, le radici, le implicazioni del green pass sanitario.

Forse perché Cacciari ha un potere mediatico e accademico che Agamben non possiede? Forse perché un documento senza nomi sarebbe stato in gran parte ignorato mentre il nome di Agamben, internazionalmente noto, attira l’attenzione di molti? Si tratta quindi di un atto di bullismo che ha come motivazione un fatto di marketing, di ascolto, di eco mediatica?

Un atto di bullismo condotto poi con ‘argomentazioni’ degne dei luoghi più culturalmente deprivati della Rete. Al centro del documento, ripetuto addirittura per due volte, c’è il paragone del lasciapassare sanitario con la patente di guida. Vale a dire si argomenta con serietà che una competenza tecnica precisa e circoscritta, il guidare un’automobile, sia la stessa cosa di un lasciapassare relativo all’inoculazione nel corpo di un vaccino. Ma non è neppure questo il punto centrale. Si pongono sullo stesso piano il divieto di guidare senza patente e il divieto di utilizzare treni e aerei; di frequentare concerti, cinema, musei, biblioteche, ristoranti, corsi universitari; il divieto soprattutto di lavorare, di esercitare cioè un diritto fondamentale, e quindi di vivere, di sopravvivere, di esistere. Vivere non è qualcosa di più ampio del guidare un’automobile? Qualcosa di più originario, fondante, essenziale? Un riduzionismo ‘automobilistico’ grave se adottato da chiunque, incredibile se sostenuto da professori universitari.
I filosofi firmatari non sono capaci di argomentazioni più profonde, più sottili, più inscritte nella complessità del mondo? Non solo: nel documento si afferma che i filosofi critici verso il green pass «rappresentano soltanto il loro punto di vista su questi temi». E che cos’altro dovrebbero rappresentare? Forse la verità assoluta della quale invece gli estensori del documento si ritengono evidentemente i portatori? Per loro non vale il fatto che ciò che hanno scritto rappresenti «il loro punto di vista su questi temi»?

Logiche e atteggiamenti escludenti come quelli che emergono da quelle righe non descrivono la complessità del mondo. La vita individuale e le esistenze collettive sono composte da sfumature, accenti, molteplicità. Da quel povero testo emerge una grande superficialità, che è un limite imperdonabile per chi si definisce filosofo.

 

Pierandrea Amato – Alberto Giovanni Biuso – Roberta Lanfredini – Davide Miccione – Valeria Pinto – Nicola Russo

 

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Impossibilitati a vivere

di Giuseppe Grasso
(10.8.2021)

[Dell’autore –professore di Chimica generale e inorganica a Unict– abbiamo già pubblicato un intervento dal titolo Studenti al bar e non nelle aule.
Grasso riprende ora i temi accennati in La fede, e lo fa con una testimonianza appassionata, dolente e razionale
]

Purtroppo è oramai raro per me trovare persone sulle mie posizioni che non siano riconducibili agli sciacalli di estrema destra che nel tentativo di racimolare qualche voto da quelli che manifestano malcontento, si elevano a paladini della giustizia sociale, ma sono gli stessi che cercano di aizzare gli animi contro i migranti portatori del virus.

Sono veramente stufo di essere etichettato novax o con altri nomi che nulla hanno a che vedere con il mio pensiero e non vorrei in alcun modo mescolarmi con i terrapiattisti, gli omofobi, i fascisti. Sono doppiamente vaccinato perché spero che questo possa migliorare la situazione, per il bene della collettività. Ma sono un fermo oppositore di tutte le restrizioni e imposizioni COVID (incluso il greenpass appena istituito, la mascherina ovunque, etc.) che hanno di fatto instituito in Italia ed in buona parte del mondo (questo è davvero spaventoso) una specie di stato di terrore e di vera e propria dittatura (in Australia hanno messo l’esercito nelle strade per pochi ammalati). Utilizzo questa parola consapevole che molti sono fortemente critici nei confronti di chi chiami “dittatura sanitaria” la condizione in cui viviamo da anni. Tuttavia mi sono chiesto e chiedo a queste persone: che cosa definisce un ordinamento dittatoriale? La risposta che mi sono dato è la seguente: si diventa una dittatura nel momento in cui lo stato, per il bene della collettività, cioè avendo come ultimo fine il bene dei cittadini (almeno nell’idea) schiaccia il singolo, privandolo di libertà fondamentali che non andrebbero mai soppresse, in nessun caso. Quali sono le libertà fondamentali, cioè quale è il limite tra una legge non liberticida e una che non lo è? Questo è un campo molto delicato, di competenza di un giurista, ma sicuramente non si può paragonare (come viene spesso fatto da buona parte della gente che odia i “novax”) l’obbligo di non fumare al chiuso o di mettere la cintura di sicurezza con quello che stiamo vivendo.

L’impossibilità di lavorare, di studiare, di incontrare i propri cari, di viaggiare, di stare vicino ad una moglie che partorisce, ad un caro che muore…di partecipare ad una finale olimpica. Faccio quest’ultimo esempio perché conosco molto bene il caso, avendo contatti diretti. L’atleta Bruno Rosetti, componente fondamentale del 4 senza olimpico italiano partecipante alle ultime olimpiadi (aspirante all’oro olimpico), dopo avere qualificato la barca per la finale, a meno di 2 ore dalla gara è stato trovato positivo (asintomatico) e gli è stata negata la possibilità di fare la gara con i suoi compagni (mi chiedo chi avrebbe contagiato durante la gara di canottaggio). I suoi compagni sono riusciti ad acciuffare il bronzo lo stesso prendendo in prestito uno del due senza (il quale è stato a sua volta sostituito dalla riserva e il due senza non ha preso medaglia anche se ci speravano). Rosetti si trova ancora oggi chiuso in una stanza di albergo in Giappone, agli arresti domiciliari e gli passano il riso da sotto la porta, in attesa che si negativizzi. Nella speranza che non diventi pazzo, in regime più duro del 41 bis, è doppiamente vaccinato e perfettamente sano (si è fatto portare una cyclette in stanza e pedala tutto il giorno in 4 metri quadrati). Tutto questo per il nostro bene e il suo. Io credo che davvero viviamo in una distopia dalla quale non ho capito come dovremmo uscirne. Con il greenpass? Mi viene quasi da ridere, anzi da piangere. Se per togliere le restrizioni aspetteremo che il virus venga debellato dalla faccia della Terra (perché anche se lo debelli dall’Italia, poi appena apri i confini tornerà, mutato o no), quanti anni potrebbero volerci? E soprattutto come ci si aspetta coerenza e rispetto da parte dei cittadini se continui a vessarli con tutte queste restrizioni?

Giusto per fare un esempio della follia che stiamo vivendo allego una immagine della foto scattata ieri dentro Etnaland [immagine di apertura, n.d.r], un parco di divertimenti dietro porta in cui vanno gli adolescenti ed in cui ho portato le mie figlie. Ma potrei allegare decine di foto, scattate durante i festeggiamenti dell’europeo, a feste private, etc, Questi sono gli stessi ragazzi che hanno fatto 2 anni di DAD. Ma quale è il senso di tutto questo? Perchè li dobbiamo abbrutire così, fregandocene della loro vita e del loro sviluppo in tal modo? Cosa ci aspettiamo che succeda alla lunga, a queste generazioni? Non mi si venga a dire che il COVID circola a causa loro. Loro sono delle povere vittime e i burocrati politici che ci governano sono i carnefici a mio avviso. Perché si continui a combattere in questo modo il covid con tutto quello che c’è di molto più urgente e importante (il cambiamento climatico) è per me un mistero. Ovviamente, sempre a Etnaland, tutti i dipendenti bagnini dovevano stare con la mascherina anche all’aperto (mentre da soli, lontano da tutti, armeggiavano con i comandi delle attrazioni). Si stava ammassati nelle file per gli acquascivoli, ma poi i giri di giostra si facevano a capienza dimezzata (in modo da creare ancora più fila e stare ancora più ammassati). Tutto ciò mi ha ricordato molto le nostre lauree in cui tutto è contingentato, fuorchè i festeggiamenti fuori dall’aula magna. Ma perchè dobbiamo vivere nella totale follia? O speriamo tutti di trasformarci in robot asettici senza vita? Non potremmo fermarci un attimo e smetterla di inseguire il sogno del contagio zero, che ci sta uccidendo nell’animo più di ogni altra cosa?

Ur-Faschismus

di Alberto Giovanni Biuso
(9.5.2021)

Forse l’Ur-Fascismo, il ‘fascismo eterno’ (Umberto Eco) esiste davvero.
Sua espressione contemporanea in Italia e nel mondo sono il confino (lockdown), l’obbligo vaccinale, il coprifuoco, l’obbligo delle mascherine/museruole apotropaiche, i trattamenti TSO del tutto arbitrari, la violenza delle polizie contro cittadini inermi, la distruzione delle attività economiche, la devastazione collettiva, la paura.

 

Vaccini: realtà e superstizione

di Alessandro Pluchino
(29.3.2021)

[Pubblichiamo un nuovo intervento di Alessandro Pluchino, fisico e professore di Fisica teorica, modelli e metodi matematici nell’Università di Catania. Si tratta di un contributo molto significativo anche perché va ben oltre la diatriba tra fautori e avversari della vaccinazione di massa, cogliendo invece alcune assai serie criticità. La lucidità ed evidenza delle riflessioni di Pluchino sono sconcertanti e confidiamo che aiutino i nostri lettori a comprendere sempre meglio che cosa è in gioco, quale regresso antiscientifico sia in atto nella gestione politica dell’epidemia e negli atteggiamenti superstiziosi che i media attivamente diffondono].

Sulla questione dei vaccini, un’opinione assolutamente non precostituita ma, per quanto possibile, oggettiva, emerge in maniera naturale dalle seguenti evidenze:

1) Tutti gli attuali vaccini sono stati approvati dalle agenzie del farmaco grazie – diciamo così – a una sorta di rito abbreviato, legato alla situazione di emergenza, dunque sono ancora per lo più sperimentali, e la vera sperimentazione la stanno facendo con chi si sta vaccinando e si vaccinerà in questi mesi; lo dimostra, se ce ne fosse bisogno, il caso Astrazeneca, che modifica di settimana in settimana il suo bugiardino a seconda delle reazioni avverse che si registrano in giro per il mondo dopo la sua somministrazione (che, si noti, inizialmente era vietata per gli over 55, adesso sta invece diventando vietata per gli under 55…!).
Il governo, il CTS e i media dovrebbero essere estremamente chiari su questo punto e dire: signori, siamo in una condizione di emergenza, e a fronte di questo vi proponiamo dei vaccini che sono ancora sperimentali; se ritenete, in base alla vostra età e al vostro stato di salute, che il gioco valga la candela, vaccinatevi pure, ma la vostra deve essere una scelta consapevole del fatto che non conosciamo i rischi a medio e lungo termine della vaccinazione. Purtroppo invece si procede esattamente nella direzione opposta, insistendo sul fatto che i vaccini sono comunque “sicuri” (che vuol dire “sicuri”? al 100%? al 99%? al 90%? all’80%?) e addirittura minacciando, direttamente o indirettamente, ritorsioni su chi non è intenzionato a vaccinarsi, dal licenziamento per le categorie degli operatori sanitari fino all’ormai famigerato “passaporto vaccinale”.

2) Incomprensibilmente (o forse non tanto…), si sta puntando tutto sui vaccini senza minimamente considerare l’efficacia, ormai fuor di dubbio, delle terapie domiciliari diciamo “alternative”, diverse cioè dalla prescrizione ufficiale che – con pochissime eccezioni lasciate all’autonomia regionale – prevede ancora, in caso di Covid-19, solo “tachipirina e vigile attesa”… sì, attesa che ti portino nei reparti di Terapia Intensiva (per poi dire che sono intasati); sono infatti ormai centinaia i medici che testimoniano di aver impedito il manifestarsi di sintomatologie più gravi a pazienti Covid di tutte le età semplicemente attuando, in maniera tempestiva (cioè al sorgere dei primi sintomi), terapie a base essenzialmente di cortisone, eparina e antibiotici (e con farmaci mediaticamente “tabù”, quali l’idrossiclorochina o l’ivermectina), evitando così nella stragrande maggioranza dei casi il ricovero.

3) Ma anche (ed è difficile farlo) chiudendo un occhio sui primi due punti, qualunque campagna di vaccinazione che sia sensata non dovrebbe prescindere dalla seguente distribuzione dei decessi per fasce d’età:

Guardandola, non ci vuole infatti un esperto per capire che vaccinando per primi tutti gli over 70 (come ad esempio stanno facendo in Paesi come l’Inghilterra o la Francia), si abbatterebbe di circa il 90% il numero dei decessi, che sono gli unici che contano. E invece in Italia che facciamo? Continuiamo a vaccinare categorie presunte “a rischio” (tra cui anche i docenti universitari…), a prescindere dall’età, arrivando al paradosso di avere – ad oggi – più vaccinati nella fascia 20-29 (cioè giovani per cui il Covid ha una pericolosità confrontabile con quella della comune influenza stagionale) rispetto alla fascia 70-79.

E nel frattempo si continua a terrorizzare la gente per cercare di convincere a vaccinarsi persone relativamente giovani e in ottima salute per cui il rischio derivante da vaccini sperimentali potrebbe essere maggiore rispetto a quello derivante dal Covid. Il tutto con l’obiettivo utopico di puntare a vaccinare, nel minor tempo possibile, tutta la popolazione italiana (peraltro mentre il virus muta con una rapidità impressionante lasciando aperti molti dubbi sull’efficacia degli attuali vaccini contro le nuove varianti), laddove è chiaro che, una volta “protetta” la categoria a maggior rischio (gli over 70), tutti gli altri – come ho scritto già in passato su Corpi & Politica – potrebbero essere lasciati circolare liberamente, se lo vogliono, con semplici precauzioni, così da raggiungere in maniera naturale la famigerata immunità di gregge. Ma c’è il sospetto che, una volta acquistati (preventivamente e spesso con contratti capestro) decine di milioni di vaccini, in qualche modo dovremo smaltirli…
E potrei ovviamente continuare, ma per il momento mi fermo qui.

 

Oscurantismi

di Alberto Giovanni Biuso
(29.12.2020)

Nei confronti del vaccino anticovid ci sono medici e operatori sanitari prudenti, com’è naturale che accada se si sa che cosa un vaccino sia. Gli urlatori dei Social Network -e ahimè anche alcuni decisori politici e altri medici- rispondono con richieste di censura, punizione, radiazione e altre violenze. Tipico di tutta la questione Covid19. Da mesi.
In ogni caso spero che saranno in molti a vaccinarsi liberamente, se questo potrà restituire un poco di razionalità al corpo sociale e ai decisori politici.

A proposito dell’atteggiamento dogmatico e oscurantista in medicina e dei gravi danni da esso prodotti, ricordo il tragico argomento della tesi di laurea del Dott. Louis Ferdinand Auguste Destouches (Céline), da lui discussa il 1 maggio 1924.
Tesi di storia della medicina dedicata al caso del Dottor Ignác Fülöp Semmelweis.
Qui una mia recensione alla tesi/libro: Céline, gli umani, la medicina (pdf), pubblicata sul numero 3 di Vita pensata (settembre 2010), alle pp. 60-62.