di Alberto Giovanni Biuso
(10.1.2021)
Zona rossa, lockdown, distanziamento, responsabilità, assembramenti…sono ormai i mantra patetici, dannosi e grotteschi di un’autorità smarrita, ripetitiva, retorica, riduzionistica, interessata soprattutto a perpetuare se stessa, disinteressata alla reale salute psicosomatica e sociale del corpo collettivo, come si può evincere anche da una testimonianza sulle modalità con le quali in un paese della Sicilia (o più di uno?) vengono ‘ottenuti’ i dati relativi ai positivi alla Sars2, modalità che oltre a essere del tutto arbitrarie (e quindi non scientifiche) mi sembra che possano configurare anche dei reati.
È stata costruita una orwelliana neolingua che è anche un coacervo di luoghi comuni ripetuti con la passività di ogni conformismo, con l’illusione di utilizzare la lingua del bene, con il cinismo della menzogna etica. Su questo sito Peppe Nanni ha elaborato un efficace Dizionario di tale lingua tetroterapeutica.
Mentre i barbari che non sanno governare la storia e le sue epidemie sembrano costringerci a ripetere ossessivamente questi belati d’ignoranza, alcuni di noi trovano i linguaggi che ci fanno comprendere come la malattia all’umano non venga da fuori ma sia ben infitta nella sua natura.
Giorgio Agamben, ad esempio, qualche giorno fa ha scritto che «quello che abbiamo oggi sotto gli occhi è l’estrema deriva di questa rimozione della morte: per salvare la loro vita da una supposta, confusa minaccia, gli uomini rinunciano a tutto ciò che la rende degna di essere vissuta. E alla fine Gaia, la terra senza più profondità, che ha perso ogni memoria della dimora sotterranea dei morti, è ora integralmente in balia della paura e della morte. Da questa paura potranno guarire solo coloro che ritroveranno la memoria della loro duplice dimora, che ricorderanno che umana è solo quella vita in cui Gaia e Ctonia restano inseparabili e unite» (Gaia e Ctonia, 28.12.2020).
Significativo anche l’intervento di Davide Miccione a proposito di una riflessione sui Negazionismi, con la relativa mia risposta:
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Sono d’accordo riga per riga, parola per parola con quello che scrivi nell’articolo sul covid. Te lo scrivo, nonostante di solito sia molto restio a postare e commentare sul web, perché ho l’impressione che la pandemia stia da un lato aumentando le distanze tra le varie posizioni sul mondo (invertendo il processo “mediocratico” di cui parla Deneault) e dall’altro stia riconfigurando nuove lontananze e vicinanze, e temo anche nuove solitudini, un po’ come il fascismo del ventidue-venticinque. Questioni come il valore della corporeità nell’esistenza umana, la stima nei confronti dell’impresa scientifica che non può essere “fede” nella scienza, una lettura del potere meno infantile di quella che vedo in giro, non possono più essere solo letture teoriche buone per un seminario ma si stanno facendo carne e sangue e diversa appartenenza alla polis sotto i nostri occhi. Non vorrei che dopo il realismo capitalista di Mark Fisher, per cui ormai si è fatto impensabile ciò che non è capitalismo, dovessimo obtorto collo cadere anche in un “realismo sanitario”.
Ti sono davvero grato di questo intervento, anche perché so quanto tu sia restio a commentare sul web.
In un contesto di irrazionalità e di terrore come quello nel quale ci troviamo, la tua condivisione mi è di particolare soddisfazione.
È del tutto vero ciò che designi con la consueta tua esattezza: il fatto che la Sars2 «stia riconfigurando nuove lontananze e vicinanze, un po’ come il fascismo del ventidue-venticinque».
Infatti ciò che per delle persone con un bagaglio culturale anche modesto dovrebbe essere evidente:
-la funzione politica che il virus sta svolgendo
-l’accelerazione imposta ai processi di dematerializzazione
-gli enormi interessi economici in gioco da parte delle piattaforme
-il ritorno a un ‘positivismo’ così rozzo da non meritare neppure la denominazione comtiana
-l’infantilizzazione del corpo sociale
-il dilagare dell’ignoranza come frutto della chiusura delle aule scolastiche e universitarie;
questo (e altro) che per degli intellettuali dovrebbe essere oggetto di discussione su come resistere a un simile epocale regresso, diventa invece ragione di aggressione verso quei pochi (un solo esempio: Agamben) che formulano analisi non conformiste, tanto da incrinare o, come tu dici, «riconfigurare» antiche relazioni intellettuali e amicali, così come avvenne agli inizi del fascismo e del giudizio che se ne diede. Perché di fascismo sanitario si tratta, come aveva già intuito e previsto Ivan Illich.
Ma l’elemento più impressionante -ed è per questo che ho citato il ‘tradimento degli intellettuali’ di Benda- è il comportamento della più parte di coloro che dovrebbero sempre pensare in modo critico e che invece stanno convergendo con le banalità, gli insulti, le aggressioni, i luoghi comuni, i terrori, il primitivismo concettuale della bestia immonda che è la massa Social.
Qualunque cosa accada, questo precipitare compiaciuto nel conformismo della massa non è perdonabile.
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Il lavoro filosofico che emerge da queste analisi ci aiuta a conservare e a comunicare la consapevolezza della duplice dimora in cui abitiamo, dell’inseparabilità del vivere e del morire. Non come decesso, quest’ultimo, ma come sostanza stessa del tempo che siamo.
Una civiltà che nel morire vede soltanto un fallimento è una civiltà morta, è la civiltà barbarica della Sars2, del Covid19.
Ogni filosofia radicata nell’immanenza e nella finitudine – dai Greci a Nietzsche, da Spinoza a Heidegger – raffigura invece una civiltà della vita piena e completa, anche perché non teme Ἀνάγκη, l’inevitabile, il tempo, la fine.
[L’immagine, scattata a Siracusa, è di Stefano Piazzese]