di Monica Centanni
(3.9.2021)
Luca e Alessandro pesavano circa 5 chili quando li ho portati a fare la prima vaccinazione – cos’era? Non me lo ricordo: so che la sostanza che ho fatto iniettare dentro il corpo dei miei figli poco più che neonati era minacciosamente ‘esavalente’, e so che così andava fatto.
Fennek pesava forse 400 grammi quando l’ho portata a fare il vaccino, non so cos’era se non che era minacciosamente ‘trivalente’: è stata stralunata per circa due ore e poi è tornata a imparare la vita, come fanno i gatti.
Al tempo non mi sono documentata su quale fosse la casa farmaceutica che produceva il vaccino che sarebbe stato iniettato dentro al corpo dei miei bambini, né la marca di quello che hanno fatto alla mia gattina – così come non faccio l’analisi dell’acqua che ogni giorno bevo dal rubinetto di casa, così come non faccio l’analisi delle polveri sottili nell’aria ogni giorno che esco di casa… Era da fare e l’ho fatto. Pur sapendo che c’erano dei rischi, e ben più alti, percentualmente, di quelli del vaccino anticovid. Vivere è rischioso; vivere stando nel mondo è in certa misura ancora più rischioso perché ha alcuni vantaggi (nella preponderante maggioranza dei casi in cui il φάρμακον si disambigua in ‘farmaco’ e non in ‘veleno’) ma, come sempre accade quando si maneggiano sostanze ambivalenti e potenti, sono anche da mettere in conto rischi ulteriori (nel caso in cui il φάρμακον fa, come sempre può fare, il suo mestiere di veleno e non di farmaco).
È, certo, una decisione: ma che fosse una decisione, e una decisione grave e pesante, lo proclamavo anche quando passavo per paranoica in mezzo a mammine premurose che facevano a cuor leggero vaccini e richiami, a bambini e a gatti, come se niente fosse… Si può decidere, è vero, di fare gli eremiti in qualche Foresta nera, a discettare dell’essere e magari pure del tempo, possibilmente senza fare i conti con il fatto che quel pensiero non è innocente (come non è mai innocente il pensiero quando è pensiero), né rispetto all’essere né, soprattutto, rispetto al tempo. In alternativa, anche su questo fronte come su mille altri, io credo siano da seguire le “Istruzioni per l’uso del mondo”, strapiene di tante e variegate prepotenze, tanto più intollerabili quanto più sono insensate – e ci si fa il vaccino. E ci si mette in tasca il greenpass. Per poter vivere.
Perché, allora, potevamo anche non uscire di casa per evitare di compilare i moduli di autodenuncia da esibire agli sbirri di turno; potevamo ritirarci nella Foresta di cui sopra, e non metterci la mascherina. Potevamo decidere di non andare in aula a far lezione, di non viaggiare, di non andare al bar o a teatro, pur di non sottometterci all’umiliazione – fisica psicologica estetica – del bavaglio sulla bocca. Io, invece, abito a Eumeswil e non voglio ritirarmi da questa vita. Ma deve essere un problema mio. Sarà che sono una materialista lucreziana; sarà anche che ho adottato, teoreticamente ed eticamente, il concetto (e il termine) ‘corpomente’ che ha coniato il mio amico filosofo Alberto Biuso (che sul tema, come si legge anche nel nostro sito, la pensa molto diversamente da me); sarà che, antimetafisicamente, non so la differenza tra il dentro e il fuori e perciò non vedo alcuna differenza essenziale, nessun salto di scala, tra obbligo di mascherina e vaccino. Anzi la vedo, la differenza, in termini di quantità e soprattutto di qualità simbolica – ma a tutto svantaggio della mascherina, il cui uso imposto mi sta scorticando nervi e pelle del viso dal lontano marzo 2020: mi sta letteralmente cambiando i connotati e le espressioni della faccia. Eppure ho dovuto metterla, l’abbiamo messa tutti, e continuiamo a metterla nei negozi, nei treni, negli aerei… Io in particolare non ho fatto la scelta di non metterla, perché, fisiologicamente, mi serviva vivere, viaggiare, insegnare.
Perciò, per vivere nel mondo, qui a Eumeswil, ho fatto il vaccino. Sia chiaro – non si tratta di Fede (nella efficacia salvifica del vaccino); né si tratta di Speranza (che sia l’ultima prepotenza che subiamo e che poi, dopo questo passo, l’autorità si ritiri in buon ordine: come dicono i miei amici filosofi bisogna stare in guardia perché è un piano inclinato); né si tratta di Carità (verso il prossimo, perché non credo che nessuno sappia scientificamente come si trasmette il contagio). È elementarmente una necessità, necessità primaria di vita – sociale e politica.
Ho avuto il covid nel novembre 2020; comunque, appena è stato possibile mi sono vaccinata, per poter fare lezione in aula ai miei studenti, per poter fare seminari, per poter fare gli esami: per poter andare in giro con una carta in tasca che mi consentisse di dire: ecco, cosa volete? Faccio lezione, certo e solo in presenza, e non avete scuse per dirmi che non posso farlo. E, nello specifico, l’opposizione all’obbligo del vaccino non può essere un ostacolo, né, per nessuno, una scusa, per il ritorno alla scuola vera, alle lezioni in presenza. Appena possibile ho scaricato il greenpass e grazie a quello, sono andata a fare una conferenza a Barcelona, sono andata a un convegno a Delfi – e sono entrata nei musei spagnoli e greci, e sono andata a vedere Baccanti al Teatro greco di Siracusa. A me serve vivere.
Qui a Eumeswil continuo a esercitarmi, per quel che sono capace, a sentire con acutezza di sensi e di pensiero, ad allenarmi a tenere alta la soglia critica, a vedere sentire odorare toccare denunciare tutto quanto accade – incluse mascherine, certificati e violenze, fisiche e psicologiche, assortite …
Ma intanto, è importante non dimenticare. E chiunque abbia visto l’ago della puntura di un vaccino (uno qualsiasi di quelli obbligatori) bucare la pelle di un bimbo di 3 mesi e iniettare dentro quel corpo tenero e sano, che si sta attrezzando alla vita, un mix di sostanze velenose e cattive; chiunque abbia visto inoculare una dose di medicina nel collo di un gatto piccino piccino; chiunque l’abbia fatto non spensieratamente, ma ben sapendo a cosa andava incontro; chiunque sia stato a spiare per una notte, per un giorno, per un’altra notte e un altro giorno – e così via, ogni volta, a ogni dose – le reazioni, cercando di dimenticare i numeri delle statistiche che continuano a lampeggiarti nella mente, stando a vedere se era vera la promessa che il φάρμακον avrebbe agito da farmaco e non da veleno; chiunque si ricordi anche solo un istante di questa esperienza, è già abbondantemente vaccinato contro la renitenza/resistenza al vaccino anticovid.
Ricordare – perché solo il Luminar di Mnemosyne ci permette di non dire parole infondate.